È da sempre il Nastro Rosa. È da sempre sulla scrivania, mai sostituito dai puntuali invii d’ogni anno. Anche se loro più stirati e di colore più rosa. Mai sostituito perché è il dono tra i più amati della mia carriera: me lo allungò la mano signora di Evelin H. Lauder, alla fine di una intervista a Milano qualche lustro fa.
Più che questioni d’alta cosmesi, mi parlò di ciò che era la sua vita: quel nastro rosa e il suoi significato, la Breast Cancer Campaign, appassionante lotta contro il tumore al seno. Ne fui colpito, ovvio; ma soprattutto da Lei, immagine sublime della femminilità, ben lontana da ossequi di merito casato. Semplicità, nobile semplicità, come nobile la suo Breast Cancer Campaign e come di nobiltà fu poi il suo addio a tanta nobile vita. Ora il mio nastro rosa, qui, tra l’immensità farfugliata del mio tavolo, sembra “fremere” ancora d’un ottobre, il mese della Campaign. Un ottobre di pretenziosa romanità a… conquista delle luci rosa che ogni anno nobilitano l’evento. Così stavolta, gioiosamente… pink s’erge in questa pagina l’Arco di Tito, dedicato al figlio di Vespasiano per celebrarne le stragi compiute in Giudea nel 71 d.C. e conclusesi con la distruzione di Gerusalemme. Un Tito, insomma, non certo di passione ebraica e senza dubbio meno rosa di tanto Arco rosato. E di tanto nastro che sembra fremere sul mio tavolo…